Sono passati mesi ed io ancora non riesco a rendermi conto e ad “accettare” di non rivederla più…è una condizione che posso definire solamente surreale, non ho altri termini da usare. E in questa condizione mi trovo dall’istante in cui mio fratello mi ha fatto quella telefonata terribile ed indimenticabile, in cui mi dava la notizia associando il nome della mia nipotina, sua figlia, ad un termine impossibile, inaccettabile: “morta”. Ho gridato ripetutamente: non è vero! Ho pianto tanto. Sono impazzita dal dolore, per la prima volta nella mia vita.

Ancora oggi quello che è successo non mi sembra reale. Vorrei con tutta me stessa essere solo all’interno di un lungo incubo e potermi risvegliare con lei che mi chiama, mi guarda da sotto in su come faceva, e mi dice che è stato solo un brutto sogno…

E non mi sembrano reali le cose che ha scritto, anzi all’inizio pensavo fosse impossibile che le avesse scritte lei, perché troppo pesanti per una bambina di 13 anni, ed estranee all’immagine della Antonella che credevo di conoscere. Ha dipinto una ragazzina brutta e stupida, ovvero proprio quello che lei NON era, che soffriva atrocemente per questa sua ‘versione malata’ di sé, evidentemente risultato di anni in cui era stata sfottuta dai compagni e derisa ingiustamente senza avere la forza di reagire veramente.

Avrei voluto esserci per lei, essere considerata un riferimento, avrei voluto che si fosse confidata e non avesse nascosto il suo stato d’animo con i suoi frequenti “sto bene”. Quello che mi sento di dire, a chi leggerà quello che sto scrivendo, è: non dite mai “sto bene” se non è vero, non è una vergogna raccontare il proprio stato d’animo e le proprie esperienze negative e, anzi, confidarsi è l’unico modo per vedere i problemi sotto un’altra ottica, per ridimensionarli e magari anche risolverli. Con un poco di esercizio poi, si capirà anche a chi è meglio raccontarsi e chi invece, per vari motivi, non è in grado di supportarci o peggio potrebbe essere di ostacolo. Lei purtroppo era convinta di non avere nessun amico e di non contare nulla per nessuno. Ritengo che questo non sia vero, ma una conseguenza di anni di delusioni che non le hanno permesso di affidarsi e fidarsi sul serio del prossimo.

A chi attribuire la causa di quello che è successo? A tutti tranne che ad Antonella. Abbiamo tutti noi che la conoscevamo una quota di colpa, solo che alcuni sono colpevoli consapevoli (e sinceramente spero che non dormano più la notte) e altri si ritrovano colpevoli ma senza volerlo.

Tante cose si possono dire e si sono dette, a volte procurandomi un enorme dispiacere perché estranei sono entrati nelle nostre vite giudicando e semplicemente dicendo la loro. Antonella è la MIA nipotina, e rendere di dominio pubblico la sua storia e la sua vita mi fa star male perché è una conferma che quello che è accaduto è reale. Spero solo serva ad altri ragazzini per evitare che ci siano altre storie simili, anche se in realtà sono all’ordine del giorno.

Se potessi parlare con lei, adesso, le direi che non era sola come credeva e ha scritto: noi eravamo lì per lei, tutta la sua famiglia nessuno escluso, chi in maniera più evidente e chi in un silenzio rispettoso della sua adolescenza. E si, perché talvolta se la vedevo meno allegra del solito pensavo che il periodo, appunto, era particolare e non volevo essere la zia invadente. Ecco uno dei miei più grandi errori. Ovviamente dopo la tragedia tutti noi abbiamo ripensato a piccoli segnali che avevamo trascurato, ma a pensarci con il senno di poi tutto ciò che poteva passare come “è in fase di crescita”, “sta vivendo cambiamenti” come la scuola ad esempio, ha assunto un significato diverso. Allora nessuno poteva immaginare e sapere come lei stesse realmente.

Antonella era coraggiosa e non si tirava indietro se vedeva qualcuno in difficoltà. Mi fa sorridere ricordare questa estate al mare. Era una giornata ventosa e a riva si era creata una corrente trasversale incredibile. Paolo e Domenico si erano comunque allontanati riuscendo a superare quella corrente, mentre io non ci riuscivo venivo trascinata lontano a ogni passo nelle onde. Arrivò lei mi prese sotto braccio e tra le risate mi disse: ti aiuto io, e mi trascinò “in salvo”.

Non mi ha dato modo di ricambiare il gesto, di salvarla. Vorrei non avesse mai avuto questo suo coraggio, perché se fosse stata più timorosa forse non si sarebbe gettata dal 13esimo piano (a me fa paura pure solo dirlo il numero di piani), non lo avrebbe nemmeno tentato il suicidio, e avrebbe passato la tempesta della sua depressione superandola con il nostro aiuto.

Tante cose da dire, tanti pensieri. L’unica certezza è che una parte di me non c’è più.

Spero un giorno di riabbracciarti, tesoruccia mia

Categorie: Memoria

4 commenti

Marilena · Maggio 28, 2018 alle 8:28 pm

Nn c’è un solo giorno in cui nn penso a te, alla tua forza di volontà, al tuo coraggio e soprattutto ai tuoi genitori… veglia sempre su di loro e soprattutto veglia sui ragazzi deboli che hanno bisogno di te!! Tvb

Gianni D'Accolti · Maggio 5, 2018 alle 6:40 pm

Tutto ciò che ho studiato, che sembrava importante, il tuo sguardo sul futuro senza coscienza del nostro limite, Tutto ciò non ti serve quando le domande di senso si fanno urgenti ed hai bisogno di risposte.
L’assenza diventa una presenza senza fine e davanti a te(e pensare che sia ancora possibile un davanti è già un miracolo) senti che sei ancora padre e lo sarai per sempre.
Accetterai tutto perché ora puoi veramente iniziare a costruire l’ordine delle cose che contano.
Oggi comprendo che l’unica cosa che vorresti non puoi averla più qui, e la sfida è accettare il mistero non continuare con le domande, ma sconfiggere la morte con l’amore.
Se esiste il male, il diavolo lui lavora meglio dove c’è il dolore. Dia Ballein è il divisore e proverà a dividerti dalla vita, dalle altre persone che ami.
È la prima azione importante, il dolore non mi dividerà da mia figlia, dai miei affetti, dalla bellezza del creato, da me stesso. E poi, arriva comunque un giorno in cui pensi che tutto il coraggio che la vita ti ha chiesto ancora non basta.
Devi saper trovare l’equilibrio (e ad anche questo è una ricerca difficile perché scopri la vita come una danza senza più quelle stupide certezze che ti facevano sentire sicuro quasi un dio) per continuare a prenderti cura del tuo amore più grande eppure saperla lasciare andare.
Almeno per me il dramma più grande è sapere che devo lasciarti andare ma ovunque andrai ci sarà chi ti prenderà la mano.
Mistero e Dio per una speranza che non sia una consolazione a buon mercato.
Io non so dove il mio viaggio mi porterà ma sento l’urgenza di guardare oltre il caos, oltre la mia presunzione che il 21 febbraio di un anno troppo vicino ha preso dalla vita lo schiaffo più impensato e profondo.
Vi abbraccio e mi piacerebbe che sentiate la mia mano nella vostra senza altre e troppe parole se non quelle lacrime da raccogliere come gemme preziose.
Gianni D’Accolti

Annarita La Fronza · Maggio 2, 2018 alle 3:26 pm

Anch’io sono una zia, che vive in una condizione “surreale” da quando con una telefonata mia sorella mi diceva che Stefano si era tolto la vita: era il 22 dicembre 2008……io ero a Bari, lei a Piacenza…..ho dovuto dare io la tragica notizia alla famiglia…..prima a mio padre e a mio fratello…..dopo a mia madre che quel giorno era al centro anziani a vedere una recita natalizia…..e infine all’ altra mia sorella, andammo a prenderla dal lavoro…..ero distrutta dal dolore, ma dovevo dare conforto a tutti loro, io la piccola di casa…..Stefano non subiva bullismo, ma subiva quella che oggi chiamiamo “violenza assistita”…..allora non si conosceva questo termine…..i suoi genitori litigavano spesso ed in modo violento davanti ai figli, ma questo noi lo abbiamo saputo solo dopo…..mio nipote fece però un “errore” agli occhi del padre: difendeva la mamma e questo gli è costato molto caro, perché per il padre Stefano non esisteva più, già prima di morire…..per lui era troppo da sopportare: un figlio che difende la madre!!!! Che oltraggio!!! Ed è per questo che, nonostante i suoi ben tre tentativi di suicidio, rifiutava di portarlo da uno psicologo, dicendo che non c’erano soldi per queste cose…..ed alla fine ci è riuscito e ha trovato la serenità che su questa terra non aveva……

Andrea · Maggio 2, 2018 alle 2:41 pm

Sorridere fa bene ed è contagioso, la mente umana è infinitamente grandiosa e a volte purtroppo ci sentiamo prigionieri perchè nn riusciamo a fare quello che la nostra menta concepisce. Passare il tempo assieme, questo è fondamentale.

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